martedì 1 maggio 2012
di Giuseppe Razzino - in Informazioni e Contatti
Per iniziativa di un gruppo qualificato di studiosi di Storia delle religioni e di discipline filosofiche, antropologiche e culturali si è costituita a Napoli l’«Associazione ‘Anna De Sio’ per la libera ricerca negli studi umanistici». Soci fondatori dell’Associazione sono i professori Francesco De Sio Lazzari, già docente di Storia delle religioni presso l’Università «L’Orientale» di Napoli, Giuliana Scalera, docente di Storia della religioni presso la stessa Università, Marisa Tortorelli, già docente di Storia delle religioni presso l’Università Federico II di Napoli, Enrica Lisciani Petrini, docente di Filosofia teoretica presso l’Università di Salerno, Enzo Cocco, docente di Filosofia morale presso l’Università di Salerno, Riccardo Naldi, docente di Storia dell’arte moderna presso l’Università «L’Orientale» di Napoli; i dottori Valerio Panza, Nadia Colella, Nicola Severino.
Tra gli scopi dell’Associazione, definiti dall’articolo 5 dello Statuto, è da segnalare in particolare la promozione della ricerca «nell’ambito della storia delle religioni e dell'antropologia letteraria, nonché di tutte le tematiche filosofiche e storiche attinenti a tali aree, attraverso supporti didattici e contributi al finanziamento di pubblicazioni e di attività di specializzazione».
L’Associazione, presieduta, in via provvisoria, dal prof. Francesco De Sio Lazzari, ha iniziato la sua attività il 19 marzo 2012, con una conferenza tenuta presso l’Università «L’Orientale» di Napoli, nell’ambito delle attività delle cattedre di Storia delle religioni (professoressa Giuliana Scalera) e di Religioni e filosofie dell’Asia Orientale (professoressa Chiara Ghidini) dal prof. Charles M. Stang dell’Università di Harvard sul tema dello «scrivere come pratica mistica».
In opposizione all’interpretazione corrente che vede la scrittura mistica come null’altro che il resoconto della straordinaria esperienza dell’incontro del mistico con Dio, il professore Stang ha proposto la tesi che la scrittura sia invece uno dei mezzi attraverso cui questo incontro si realizza.
Ponendosi nella scia di Pierre Hadot (Esercizi spirituali e filosofia antica) Stang ha sottolineato come la scrittura possa ricondursi a quell’esercizio spirituale tramite il quale, avvicinandosi a Dio, il mistico ritorna a se stesso. La risposta che egli dà alla domanda «perché scrivono i mistici?» può in qualche modo riassumere il senso dell’intero intervento: «i mistici scrivono per diventare mistici».
Ripercorrendo la storia di un «misticismo dinamico», che non è mai pura passività dell’uomo prescelto davanti all’azione illuminante di Dio, Stang ha cercato di ricostruirne la trama tra l’Oriente e l’Occidente cristiani a partire dal I secolo a. C. fino all’età altomedievale.
Il filo rosso che lega la mistica alla scrittura è emerso dapprima nelle opere di Filone di Alessandria, che pur non essendo cristiano è stato un punto di riferimento fondamentale per la mistica cristiana, e si è dipanato poi attraverso Giovanni Crisostomo, in cui la scrittura diviene una sorta di possessione. Rivivificando la pratica estatica paolina, Giovanni Crisostomo, l’interprete dell’Apostolo, si consacra all’imitatio Pauli così come l’apostolo aveva consacrato la propria vita all’imitatio Christi, inverando in se stesso l’affermazione di Gal. 2;20: «io non sono più io, ma è Cristo che vive in me». Il mistico incontro tra Crisostomo e Paolo avviene tramite la scrittura. È la sua penna a rendere possibile l’unione con Paolo e, tramite essa, l’unione con Cristo.
La medesima operazione di imitatio tramite scriptio è stata poi rintracciata nelle opere dello pseudo-Dionigi l’Areopagita e ha consentito a Stang di proporre un’originale e stimolante interpretazione dello pseudonimo stesso. Superando la tradizionale interpretazione del ‘falso d’autore’, egli rivede la scrittura pseudepigrafa come la modalità spersonalizzante tramite la quale creare un sé ‘altro’, scisso tra l’allievo di Paolo del I secolo (Dionigi Areopagita) e l’autore neoplatonico del VI secolo (di cui non conosciamo il nome). Tale scissione fa sì che lo pseudo-Dionigi si apra all’esperienza mistica della conoscenza del Dio ignoto e inconoscibile. In breve, il “non-dire” i nomi di Dio, tipico della teologia negativa, richiede il “non-dire” del sé umano e delle sue facoltà; subire l'unione con il “Dio ignoto” richiede che noi diventiamo sconosciuti a noi stessi e quindi aperti al Dio che è altro da ciò che siamo. La scrittura come pratica mistica diventa, allora, la chiave di lettura tramite cui sovrapporre antropologia e teologia.
Il prof. Stang ha sottolineato, inoltre, come anche sul versante occidentale talune riflessioni teologiche attorno al ruolo della mistica, siano state giocate in stretto rapporto con la scrittura, dalle opere di Agostino alla pratica di lettura e scrittura dei monaci certosini, tra XI e XIII secolo. La cosiddetta scriptio divina, esercitata da donne visionarie nel secolo XIV, è stata analizzata nelle Paginae meditationum di Margherita di Oingt. Svuotati corpo e spirito da ogni necessità o desiderio, e diventata la tabula sulla quale Dio può apportare la propria scrittura, Margherita a sua volta scrive per distanziarsi dalla devastante presenza divina e, superata la passione, accedere alla grazia. La Scrittura si configura qui paradossalmente anche come il modo per cacciare Dio dal cuore di Margherita, un cuore semplice che non ha, come afferma ella stessa, gli uffici adatti per assorbire quell’eccessiva presenza.
Salerno, 1° maggio 2012.